Negli anni degli studi universitari a Roma è iscritto ai Gruppi universitari fascisti (Guf), dove ha modo di coltivare i suoi interessi letterari e artistici. Durante dibattiti culturali e premi letterari, entra in contatto con altri giovani con i quali avrebbe dato vita al gruppo antifascista romano. A partire dal 1936, con lo scoppio della guerra civile spagnola, si avvicina al movimento comunista clandestino, di cui diviene progressivamente una delle figure di riferimento nella capitale. Durante gli anni della guerra e in particolare dopo la caduta del fascismo, svolge un’intensa attività clandestina di propaganda antifascista in varie zone d’Italia, fino ad arruolarsi nel Corpo italiano di liberazione. Nel Dopoguerra dirige «l’Unità» dal 1947 al 1957 ed è membro della Camera dei deputati dal 1948 al 1992, di cui è eletto presidente nella VII legislatura (1976-1979). Figura di spicco al vertice del Pci per decenni, Ingrao rappresenta l’ala più a sinistra del partito, contrapposta alla componente capeggiata da Giorgio Amendola. Nel 1969, pur avendo posizioni vicine al gruppo del «Manifesto», vota a favore della radiazione dei suoi membri dal Pci. Nel biennio 1989-1991 è tra i più strenui oppositori della “svolta della Bolognina” portata avanti da Achille Occhetto per dar vita a una nuova formazione di sinistra. Inizialmente aderisce al Pds per poi distaccarsene ed entrare far parte del Partito di rifondazione comunista, senza tuttavia ricoprire incarichi di rilievo.